giovedì 30 settembre 2010

Il fiume e la notte

Il fiume scorre ancora, passata la notte. Per certi versi se ne frega, il fiume, della notte; per altri, sembra invece più turbolento, più scuro, come se avesse assorbito tutti i sogni della città, tutti gli incubi, e ora li stesse portando lontano.

Ma alcuni sogni non sono sogni, così alcuni incubi, alcune voci.

La Polizia, ora, è solo un nastro su una porta, l’eco di sirene.

Siamo a Moncalieri, a pochi passi da Torino, tanto che sembra essere Torino, là dove si allunga e si stira sulla collina, per poi sdraiarsi, verso sud. Un posto qualunque, una casa qualunque.

Alcune voci, arrivano solo di notte. Come se durante il giorno se ne stessero acquattate, in quegli angoli bui che la coscienza non si degna di pulire, coperti di polvere e vecchi rancori.

Guido stava dormendo. Stava dormendo prima che una voce iniziasse a chiamarlo. Ci sono voci che non vuoi ascoltare, ma lo stesso sono suadenti, e nel loro insistere c’è qualcosa di magico.

Graziella e Luciano, genitori di Guido, sono nella loro stanza. Dormono. C’è silenzio, intorno a loro, nessuna voce. Possono essere felici, o arrabbiati, o semplicemente stanchi. C’è silenzio, intorno a loro, ma non è così. Perché ci sono rumori così familiari che uno smette di sentirli. Sono i passi di Guido. Sono più pesanti del solito, però, pesano di un martello e di una voce inediti, pesano di una strana rabbia viola.

Di violenza cieca.

C’è stato un tempo che Guido aveva dei problemi. Era seguito dal centro di Igiene mentale, e tutto sembrava andare bene. Le voci non esistevano, o erano così fievoli, così lontane, da non doverci prestare attenzione. Ma era un tempo, appunto, da un anno, Guido, ha lasciato il centro. Forse perché la guarigione sembrava cosa fatta, lì a portata di mano.

Le voci hanno un imperativo, ed è uccidere. Così c’è un martello, ci sono i genitori, c’è la rabbia. E colpi, e quando questi non bastano ci sono le mani, che affondano, lì dove ci sono gli occhi.

Quando la Polizia è arrivata, era tranquillo. Le voci si erano allontanate, i genitori in un lago di sangue, ancora vivi, gravemente feriti. Si stava lavando le mani. Meticolosamente. Con quell’espressione e quella calma di chi ha fatto un buon lavoro. Ha eseguito degli ordini, e l’ha fatto con cura.

Ora in questa casa vuota, rimane un senso vago di solitudine, ragnatele di rabbia, l’odore del sangue. Ma se si chiudono gli occhi, si rimane immobili, sembra quasi di sentirle. Parlano piano, sussurrano, una nenia continua.

Uccidere. Uccidere.

Uccidere.

domenica 19 settembre 2010

Un nuovo inizio

Quando arrivo, Hap è affacciato sul fiume, la camicia a mezze maniche che si muove al ritmo di un vento leggero.
Mi ha chiamato, ieri.
- Ti devo parlare, - mi ha detto, - vediamoci al ponte, e porta qualcosa da bere.
Così eccomi qui, di fianco alle radici del ponte Isabella. Un lampione illumina il mio amico, allungando la sua ombra fino a toccare l'acqua.
- Tieni.
Gli porgo una lattina di birra.
Rimaniamo per qualche tempo in silenzio, due uomini sull'argine di un fiume, a sorseggiare una birra. Ad aspettare il futuro.
- Devi partire? - gli chiedo.
- Domani.
- Torni in Texas?
Lui annuisce.
- Sono stato bene, a Torino.
- Ma ti manca l'aria polverosa della tua città.
- E Leonard.
Un cane compare dalla stradina. E' piccolo, ma ha una gran voglia di farci le feste. O di romperci le palle.
Hap si inginocchia ad accarezzarlo. Il cane sembra felice. Scodinzola un po', poi si allontana, inghiottito dalla notte.
- Non ci sarà più nessuno, ad indagare su questa città.
Lui mi guarda. Sorride.
- Non dire stronzate.
- Pensi di tornare? - gli chiedo.
- Penso che sia arrivato il tuo turno.

Torniamo che è ormai quasi l'alba. Siamo sotto il portone di casa sua. La città inizia a svegliarsi: qualche finestra ha alzato le sue palpebre di legno, luci soffuse si diffondono nel cielo. Le prime auto escono dai garage con i vetri ancora appannati.
- Farai un buon lavoro, - mi dice, stringendomi la mano.
- Ho qualche dubbio.
E ne ho davvero.
- Sai, - continua, - non è questione di essere bravi oppure no. Di essere un detective, un poliziotto o un dannato Sherlock Holmes.
- Anche se forse aiuterebbe.
- Basta seguire l'istinto. E l'odore della notte.
- Ci proverò.